NORD ARGENTINA - Un reportage di Paolo Penni Martelli
Un viaggio in Argentina del Nord, tra lande desolate e paesaggi mozzafiato. Quello che leggerete sono appunti, stralci, flash, che Paolo Penni Martelli ha scritto per noi. Seppure davanti allo schermo, vi auguriamo buon viaggio.
Non avevo mai pedalato oltre i 2758m dello Stelvio e già lì, ricordo, che appena provavo ad accelerare o spingere in piedi sui pedali, tutto cominciava ad andare fuori giri, mi mancava l'aria e il cuore rimbalzava a caso nel petto. Insomma, l'essere nato a 500m sul livello del mare ed aver trascorso gli ultimi 14 anni di vita a Barcellona non mi avrebbero aiutato molto ad affrontare ciò che mi aspettava.
Avrei seguito, fisicamente e fotograficamente, l'avventura e il viaggio di 15 persone attraverso l'Argentina del Nord, partendo da Salta, per addentrarci nelle Ande. Avremmo affrontato la famosa Cuesta de Lipan, 4170m, poi El abra del Infiernillo, oltre 3000m, e per concludere “El Hornocal” oltre i 4300m. Circa 950 km in dieci giorni con più di 12000 metri di dislivello.
Partiamo il 10 febbraio, mese delle febbri per la pianura padana, in Argentina invece rappresenta l'estate piena; ma l'esperienza insegna e quattro anni fa imparai a mie spese, in Patagonia, che l'estate in sud America può essere una cosa molto distante da ciò a cui siamo abituati noi europei: le quattro stagioni possono andare a braccetto e ballare insieme, dandosi il cambio nell'arco di 24h.
La mia più grossa preoccupazione, oltre a come avrebbe reagito il corpo a quelle altitudini, era proprio il meteo: tutto il nostro equipaggiamento avrebbe dovuto occupare lo spazio di uno zainetto piccolo, tipo quelli al limite della multa Ryanair in aeroporto. Ero più pronto e preparato al freddo rispetto al caldo. Il caldo lo gestisci, il freddo lo subisci.
Il tempo sembra però essere clemente: le prime due tappe di avvicinamento scorrono senza intoppi, con un caldo realmente estivo che ci permette di viaggiare abbastanza leggeri, nonostante il meteo sul telefono preveda nuvole e pioggia tutti i giorni. Fortunatamente, però, i meteorologi si confermano tutt'altro che infallibili.
Attraversiamo paesini minuscoli, molti dei quali mostrano orgogliosamente cartelli con il nome delle popolazioni Inca da cui derivano: i Tupac Amaru, che ricordo dagli studi scolastici come uno dei popoli autoctoni che tentò fino all'ultimo di ribellarsi alla conquista spagnola.
La terza tappa è quella che da Purmamarca ci farà salire verso gli oltre 4000m della Cuesta de Lipan. Sono 35 km di salita, si passa dai 2300 ai 4170m. Mi sveglio mediamente riposato e stranamente rilassato, quello che mi aspetta è una vera sfida; il giorno prima ho provato e mascato per qualche ora le famose foglie di coca che dovrebbero attutire il colpo del possibile mal di montagna.
La Puna si chiama, il temuto mal di montagna delle Ande. Tutti i mal di montagna sono diversi e non conta nulla se hai già fatto dieci volte i cinquemila metri, lui quando e come ne ha voglia ti colpisce e, a quanto pare, alla Puna piace giocare con chiunque e in qualsiasi momento. La mia scalata durerà circa 5 ore, includendo tutte le pause per mangiare e fare il mio lavoro, le foto!
Il respiro bene, l'ossigeno bene, le gambe bene. La testa invece mi inizia a pulsare intorno ai 3800m, parte dal collo, da dietro, va su e arriva fino alla fronte. É fastidioso e ovviamente continua ad aumentare con lo sforzo fisico. L'ultimo km lo faccio camminando con la bici a mano, nel silenzio, baciato da un vento freddo sulla faccia.
L'ultimo sforzo è per farmi fare una foto proprio sullo scollinamento, prima di lanciarmi il più veloce possibile in discesa, verso Las Salinas, a 3600m: un lago di sale di origine vulcanica. La pressione in testa scende veloce e penso solo a riempirmi gli occhi della bellezza che mi circonda.
La Puna mi ha fatto trascorrere tre ore di nausea e malessere, ma il corpo umano è una bellissima macchina e ha la capacita di riconoscere i problemi e risolverli, spesso, nel giro di poco tempo. Da quel giorno in poi, l'altitudine non sarebbe stato più un problema, non lo fu nemmeno due giorni dopo, a 4500m, sulla cima dell'Hornocal, le famose montagne dai quattordici colori.
I colori, le persone, i racconti e le storie lontane dodicimila chilometri da casa, ti fanno capire come ognuno di noi sia solo un puntino in mezzo a un disegno immenso. La vita dovrebbe servire per conoscere e scoprire il più possibile: più sai, più impari, meno pregiudizi avrai. Le foto restano solo come diario, promemoria di storie da raccontare.