La birra, il Belgio, Torino: Davide De Giorgi e le sue due ore.

L’odore del luppolo è inconfondibile, ma difficilmente spiegabile. È unico e, proprio per questo, provare a descriverlo è praticamente impossibile. «Ti sbagli – mi interrompe Davide – noi lo definiamo come un mix di sentori erbacei, citrici, agrumati, speziati, floreali, terrosi, resinosi e fruttati». Scoppiamo in una risata mentre ci stringiamo la mano: se si inizia così, penso, non oso immaginare cosa ci riserverà la giornata.

È mattino e fa un certo effetto entrare in un birrificio a quest’ora. Siamo abituati ad associare questo ambiente al momento del relax, del divertimento, quello dalle 18 in poi, per rendere l’idea. Eppure, ovviamente ma senza che ci si rifletta spesso, ci sono persone che sin dall’alba dedicano corpo e mente per far sì che noi possiamo sederci a un bancone, ordinare una birra e decretare che la giornata lavorativa sia finita. Davide è uno di questi.


Ma Davide è anche un appassionato della bicicletta. Uno di quelli che appena può salta in sella: due orette in settimana per distrarsi un po’, il lungo nel weekend, qualche chilometro di commuting o per andare a visitare i clienti. È così che si uniscono due mondi che solo chi frequenta entrambi, sa quanto siano vicini.

 

 

«Non so bene perché ma, senza una ragione precisa, ho iniziato a seguire il ciclismo nei primi anni ’90, cominciando a guardare in tv i grandi giri. Ho fatto in tempo ad amare ed odiare con passione Bugno, Chiappucci e Rominger, nella speranza che potessero spodestare Indurain, di cui solo in epoca più recente ho davvero capito la classe. Inutile dire quanto mi sia goduto tutta l’epoca Pantani, le sfide con Tonkov e Ulrich, e tutto quel fantastico ‘98», mi racconta Davide mentre illustra con accuratezza il processo produttivo aziendale del birrificio Edit Brewing.

«Che momenti poi con i vari Tafi, Bartoli, Bettini. Non c’era Classica o tappa di un grande giro che non seguissi in televisione e, quando possibile, dal vivo. Però finiva tutto lì. Il mio sport era lo snowboard, la vita che volevo era in montagna, il mio sogno era diventare maestro. Ci sono andato molto vicino, ma ginocchia fragili e portafogli vuoto hanno fatto sì che mi rassegnassi alla vita quotidiana. Così continuai a fare il commerciale, senza troppa ispirazione, come agente nel campo dell’arredamento».

È un fiume in piena, Davide, mentre racconta la sua vita. Una storia come tante, comune, ma eccezionale proprio per questo.
Mentre ci prepariamo per la sgambata pomeridiana, però, tutto cambia. Bevute, corsi, chiacchiere, ancora bevute, ancora corsi e ancora chiacchiere: il mondo della birra artigianale diventa un fulcro nella quotidianità di Davide, ed è lo spunto per svoltare.
«Ci metto un po’ ma alla fine mollo tutto e decido che è ora di cambiare. Le occasioni per lavorare nel mondo della birra erano poche ma il Belgio mi viene incontro. Per un paio d’anni mi nutro a pane e acqua, ma pian piano entro nell’amichevole staff di una start up d’importazione di birre dal belga. Decine di giri in furgone in quella che diviene per me un po’ terra promessa e un po’ seconda patria. Ovviamente per la birra, ma anche per la loro smisurata passione per la bici».

«A proposito, sai come mi hanno insegnato a chiamarla, lì, la birra?».
«Spara», rispondo.
«Lubrificante sociale!».
Tempismo perfetto: mettiamo due gocce d’olio sulla catena, gonfiamo le gomme e siamo pronti per le nostre due ore.

Con gli ultimi spiccioli rimasti sul conto, per i suoi 40 anni, Davide compra la prima bici degna di questo nome. «Mi ha portato in ogni posto dove gli infortuni mi hanno permesso di arrivare e tutt’ora la uso costantemente. Ancora godo pensando alla soddisfazione della prima volta che sono arrivato al Faro della Vittoria, in cima al Colle della Maddalena, a Torino. E pensare che adesso è diventato uno dei miei giri settimanali».

Il capoluogo piemontese è una di quelle città dove, un amante della bici, può sbizzarristi. Lo spiega bene Davide, tra un colpo di pedale e l’altro. «La Panoramica, Superga e la collina torinese tutta. In un attimo sei in mezzo a un bosco e puoi allenarti su dislivelli mica da ridere. Poi ci sono i parchi, dove mi invento dei giri da ciclocross: asfalto, ghiaia, rampe, cicottolato, contropendenze, umidità. Insomma, in Belgio ho imparato non solo tutti i segreti della birra, ma anche che in bici si va ovunque!».

Il sabato, come accade un po’ a tutti, è il giorno del lungo. Niente impegni lavorativi, la birra solo come nutrimento post pedalata, e tanti chilometri da macinare nelle valli. «È bizarro: più aumentano gli anni, più aumentano i chilometri che riesco a fare in sella. È una gioia, ora, scalare su due ruote proprio quelle montagne che, fino a quindici anni fa, volevo fossero la mia vita. Ora ne fanno parte comunque, seppure in maniera differente».

Rientriamo in birrificio, per scambiare le ultime battute. Davide è sereno, lo si vede dallo sguardo. «Lavoro come Sales Manager da EDIT Brewing. Rimango nel mio mondo, resto commerciale, ma ne sono felice. Le grane sono sempre le stesse ma l’universo della birra è senza dubbio più allegro, più interessante, in evoluzione e continua ad appassionarmi, come la bici. Non timbro il cartellino e alterno settimane piene, con giornate da dodici ore di lavoro, ad altre dove posso gestire il tempo, e godermi le due ore in sella quotidiane.

Poco importa se al sole o sotto la pioggia: sono le mie due ore. È oramai una necessità: vivere quei momenti in cui ci si isola da tutto e tutti, dalle auto che abbiamo intorno, dalla gente che parla al telefono. Per trovare, pedalando, quel silenzio che solo un po’ di fatica ed un cielo a portata di sguardo riescono a regalare. Un semplice, ma per nulla banale, giro all’aperto che si conclude ovviamente al bancone, pronto a ricevere una buona birra appena spillata coronata dal suo cappello di schiuma».